Oscar 2021 segnati dalla pandemia e dalle nuove regole di inclusione
Una riflessione all'indomani della consegna delle statuette
Che sarebbe stata una versione differente, segnata da oltre un anno di convivenza con una situazione sanitaria mai vista in precedenza, lo si sapeva da tempo: la cerimonia degli Oscar che si è appena svolta non può che potarci ad alcuni spunti di riflessione sugli inevitabili cambiamenti che il Cinema sta attraversando.
La serata è stata organizzata in modo da non svolgersi a distanza, ma in presenza. A parte i collegamenti da Londra e Parigi, per dare a tutti la possibilità di esserci, non dal divano di casa propria, la cerimonia si è svolta come di consueto a Los Angeles, ma in forma molto ridotta: niente pubblico, se non i candidati. Decisamente sottotono, ma in un contesto particolare, dettato dalle attuali norme sanitarie. L’altra novità di quest’anno è stata la chiusura della serata con l’annuncio del vincitore nella categoria Migliore Attore Protagonista e non del Miglior Film. La statuetta è andata a Anthony Hopkins, per il film The Father. L’attore, che finora aveva vinto un solo Oscar per Il Silenzio Degli Innocenti, purtroppo non era presente: un finale deludente per una cerimonia già segnata da pesanti carenze. La vittoria di Hopkins è stata comunque sorprendente per i più, che si aspettavano l’Oscar postumo a Chadwick Boseman per Ma Rainey’s Black Bottom.
Premi all’altezza delle candidature, senza dubbio, ma molte pellicole avrebbero meritato molto di più. Nomadland, di Chloé Zhao, ha trionfato su tutti: Miglior Film, Migliore Regia, Migliore Attrice Protagonista a Frances McDormand. Incredibile che un film come Il Processo Ai Chicago 7 risulti senza neppure una statuetta, al netto di ben sei meritate candidature! Più o meno la stessa sorte di Minari, che purtroppo ha portato a casa un solo premio, quello come Migliore Attrice Non Protagonista a Youn Yuh-Jung. Anche in questo caso, parliamo di un film che avrebbe meritato un riconoscimento maggiore.
E sempre a proposito di delusioni, vanno menzionati due grandi nomi del Cinema, snobbati dall’Academy: Glenn Close, che nonostante una strepitosa interpretazione in Hillbilly Elegy anche stavolta non è riuscita a portare l’Oscar a casa, e Tenet: quest’ultimo ha conquistato un solo premio, per Migliori Effetti Visivi; peccato per la sceneggiatura e per l’ottima regia di Christopher Nolan.
Le nuove regole per partecipare agli Academy Awards prevedono una serie di severi criteri. I requisiti per aggiudicarsi l’ambita statuetta riguardano l’inclusività. Bisogna, cioè, garantire una equa rappresentanza in termini di: etnia, disabilità, genere e orientamento sessuale. Se i film non rispetteranno le categorie stabilite dall’Academy, non potranno concorrere. Un criterio giusto, certamente, ma anche penalizzante. Quanti film, da un punto di vista meramente artistico e non moralmente ineccepibili, saranno ammessi d’ora in poi? E a quale prezzo? Se l’arte cinematografica dovesse sottostare al politically correct a tutti i costi, non ci sarebbero più pellicole come Il Padrino, o Via Col Vento (già al centro di polemiche per razzismo). Siamo sicuri che sia davvero questa la strada giusta per il futuro del Cinema?