A tu per tu con Marco D’Amore, regista e protagonista del film L’Immortale
Lo spinoff su Ciro Di Marzio, protagonista di Gomorra
Un ottimo esordio alla regia, con un film che lui stesso ha definito ‘rischioso’: Marco D’Amore, che ha vinto il Nastro D’Argento come Miglior Regista Esordiente, ha risposto ad alcune domande su L’Immortale:
Cosa ti ha spinto a riprendere il personaggio di Ciro Di Marzio?
Credevo di dover ancora raccontare tanto di questo personaggio, al quale mi sento tanto legato.
In che senso parliamo di un film cross-mediale?
Perché è una sorta di ponte tra la quarta e la quinta stagione della serie tv Gomorra: si tratta di una vera e propria sperimentazione in termini di intrattenimento. Allo stesso tempo è anche popolare e vuole rivolgersi a tutti.
Ci è sembrato di cogliere dei riferimenti a importanti maestri della regia, in primis Vittorio De Sica: a chi ti sei ispirato?
Ognuno di noi è il risultato di quello che ama e sicuramente De Sica è tra i miei modelli. Non è un caso che lo citi spesso, sia per rendere giustizia a uno dei più grandi del nostro cinema, sia perché ha saputo coniugare innovazione e capacità di parlare sempre al pubblico.
Non temi di restare intrappolato nello stesso personaggio?
Non mi sono mai sentito un attore tout court, non ho mai sognato i personaggi, mi piacciono le storie. Ho sentito che c’era una parte da raccontare di molto profondo in lui ed è un personaggio che alza l’asticella della mia professionalità. Ho avuto la fortuna nella mia carriera di incontrare maestri come Ferruccio Soleri, che per anni ha fatto Arlecchino e mi ha detto che ancora doveva capire alcune cose di quel personaggio. E lo aveva fatto per cinquant’anni!